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La Mandragola - Teatro Carcano (Milano)

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La Mandragola - Teatro Carcano (Milano)

Una commedia tragicomica scritta, si dice, nel 1518 da Niccolò Machiavelli e pubblicata sei anni dopo a Firenze, considerata il capolavoro teatrale del Cinquecento ed un classico indiscutibile della drammaturgia italiana, racconta quanto la nostra società sia facilmente vittima di corruzione, falsità e inganni. Proprio come oggigiorno… "La Mandragola" è tornata in scena al Teatro Carcano di Milano con la regia di Jurij Ferrini.

 

Produzione Progetto U.R.T. presenta
LA MANDRAGOLA
di Niccolò Machiavelli
con Jurij Ferrini, Matteo Alì, Michele Schiano di Cola, Angelo Maria Tronca, Alessandra Frabetti, Gianluca Guastella, Rebecca Rossetti

Personaggi e interpreti
Siro/Gianluca Guastella; Messer Nicia/Jurij Ferrini; Callimaco/Matteo Alì; Ligurio/Michele Schiano di Cola; Sostrata/Alessandra Frabetti; Fra’ Timoteo/Angelo Maria Tronca; Lucrezia/Rebecca Rossetti

luci Lamberto Pirrone
costumi Nuvia Valestri
pittura scenica Cris Spadavecchia
scenografia Jurij Ferrini
regia Jurij Ferrini

 

Regista e anche uno dei protagonisti, Jurij Ferrini non solo porta sul palco del Teatro Carcano questo testo allegorico, satirico e comico ma offre volutamente un effetto straniante per tutti gli spettatori grazie ad abiti del tutto moderni. I maschi in perfetti costumi composti da pantaloni e giacca scuri, camicie bianche e per alcuni un gilet-panciotto, con tanto di antico orologio nel taschino con catenella d’oro visibile. Le donne sono sempre in vestiti bianchi e neri, tanto da rendere le apparenze decisamente rétrò, ma al contempo contemporanei, mentre il linguaggio è sorprendentemente quello originale: un italiano antico, cinquecentesco, tanto da essere perfino poco comprensibile alle ignoranti orecchie del pubblico odierno, che però finisce comunque col capire, grazie alle interpretazioni particolarmente efficaci degli attori, che in fondo si fanno intendere benissimo.

All’apertura del sipario, ecco un giovane in abiti borghesi, in giacca e cravatta, che parla in versi in italiano antico e presenta i vari personaggi che entrano e gli si affiancano uno alla volta. Ecco il servo Siro, poi messer Nicia e Ligurio; fra loro parlano della moglie del dottore in legge Nicia, la bellissima Lucrezia. Seduti attorno a un lungo tavolo nero, unico oggetto sul palco con alcune sedie anch'esse nere, oppure in piedi, questi uomini restano in attesa di prendere parola e raccontare ognuno la propria storia. Ci viene così raccontato che siamo a Firenze e più precisamente nel XVI secolo. Un giovane, snocciolando eventi storici di viaggi e persone, arriva a parlare di Lucrezia, moglie di uno degli astanti, lì seduto e zitto con aria mesta.

Il fondale sul palcoscenico è formato da alti pannelli in legno dipinti di bianco con grossi tratti neri che delineano i contorni di una piazza enorme, con palazzi sui tre lati e un monumento al centro. Vediamo i tetti, le finestre e i grandi portoni antichi, ci sono le aree merlate, tutto solo in bianco e nero e i singoli pannelli possono ruotare e mostrare una scena di interno. Nicia, marito di Lucrezia, descritta come bella e savia, è dottore in legge e fra lui e un certo dottor Callimaco, che gli viene presentato come grande esperto nel curare donne sterili, nasce una imprevista fiducia. In realtà il finto medico vuole frequentare da vicino la donna bellissima e riesce a convincere gli amici a truffare il povero messere, innamorato della moglie ma desideroso di un erede fino al punto di pagare tanti soldi per una fantomatica cura diversa dalle molte già tentate, a quanto pare inutilmente.

Ecco quindi che vediamo il truffatore parlare utilizzando termini latini, che la sua vittima comprende, e questo lo induce a credere di avere a che fare con un grande esperto di medicina. Callimaco pone domande sulla sterilità della moglie e infine giunge a suggerire l’uso di una pozione vegetale, usata solo dai frati di alcuni monasteri, a suo dire: la mandragola, pianta velenosa e quindi da usare con specialissimi metodi. Prima di prendere questa decisione, però, il finto medico richiede di esaminare le urine di Lucrezia e ormai il pubblico sta ridendo sempre meno sommessamente, rendendosi conto che tutta la faccenda è una vera truffa. Il linguaggio dantesco usato fa a pugni con gli abiti moderni ma ci si abitua immediatamente e, soprattutto, si ha in modo speculare l’impressione che, sebbene il testo sia stato concepito ormai secoli fa, il suo aspetto di commedia grottesca sia enfatizzato proprio perché permette di riflettere su come nulla sia cambiato nella capacità umana di farsi prendere in giro e di imbrogliare, anche dopo mezzo millennio.

Altra simpatica trovata attoriale vuole che il protagonista, il povere truffato, talvolta di fronte alle risate del pubblico si volti verso la platea e commenti, o contesti chi lo interrompe per ridergli in faccia. Infine il finto medico, con grande eleganza, stabilisce che ci vuole una pozione velenosa e per evitare che il povero Callimaco muoia, propone che un altro uomo vada a letto con Lucrezia per attirare su di sè tutto il veleno e poi lasciare al marito la donna, al mattino, pronta a farsi ingravidare. Ovviamente si tratterà del medico stesso, l’uomo che ha perso la testa per la bella signora e che, pur di arrivare a lei, è riuscito ad architettare tale ingegnoso progetto, che prevede che il malcapitato ingenuo non solo pagherà per ottenere la pozione ma che lui stesso travestito per non farsi riconoscere agirà di notte. Inoltre i soldi andranno a corrompere chiunque avrà a che fare con la faccenda, mentre chi sarà coinvolto dovrà credere a quanto la piccola banda di imbroglioni racconta.

Se messer Nicia trova detestabile farsi becco,è anche vero che teme altresì il rischio di rimanere avvelenato, dunque alla fine cederà. Non solo accetta ma paga anche un frate che, per quanto abbia perfettamente capito l’inganno, non trova nulla di male nel fingersi sincero pur di ricevere donazioni e ricche elemosine da quella facoltosa famiglia. I dettagli, tutti esilaranti e magnificamente proposti in scena, comprendono i pannelli scenografici che, ruotando e muovendosi, rendono più visibili esterni e imprevisti interni, tra cui la chiesa e il confessionale. In diverse occasioni queste scene mute, realizzate dall’abilissimo regista e protagonista Jurij Ferrini, riescono a provocare risate fragorose anche grazie alla straordinaria capacità, sia di tutti gli attori che della regia e della musica di sottofondo, di sottolineare alcuni aspetti grotteschi della storia.

La madre di Lucrezia e la donna stessa di cui sì è solo sentito parlare appaiono quasi verso il gran finale e dimostrano che lei è davvero una bella donna e la madre pure, incapace però di proteggere la figlia che finirà, senza volerlo, col ritrovarsi infedele al marito, per giunta con un giovane focoso e aitante al punto da decidere che quella relazione debba continuare. Tutto ciò avviene perché il truffatore è davvero innamorato di Lucrezia ed è disposto a tutto pur di starle vicino. Callimaco, il marito cornuto, vive momenti di paranoia ma l’umorismo serpeggia e rallegra gli spettatori che si divertono, nonostante gli inganni e le varie pessime caratteristiche del gruppo di uomini che, per quanto antichi, sono anche così insolitamente simili a noi del terzo millennio.

 

Teatro Carcano - corso di Porta Romana 63, 20122 Milano
Per informazioni e prenotazioni: telefono 02 55181377 - 02 55181362, mail info@teatrocarcano.com
Orario spettacoli: martedì, mercoledì, giovedì e sabato ore 20.30, venerdì ore 19.30, domenica ore 16
Biglietti: poltronissima € 34 - balconata € 25 - Over 65 € 22/18/17/14,50 - Under 26 € 15/ 13,50

Articolo di: Daniela Cohen
Grazie a: Brunella Portoghese, Ufficio stampa Teatro Carcano
Sul web: www.teatrocarcano.com


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